
Perchè tutta questa violenza
“La violenza ha le proprie radici nella debolezza” (Lucio Anneo Seneca, 4 a.C. – 65 d.C.)
Da dove si scatena tutta questa violenza?
Mi sono fatto un’idea che sia una reazione all’insicurezza, alla paura davanti al rischio della sconfitta o alla perdita del controllo dell’altro o di certe situazioni specifiche.
L’educazione e il rispetto alla vita sembrano vacillare.
La giustizia non certa o blanda davanti a un delitto non possono essere un alibi o una giustificazione, perchè l’essere umano non può perdere lucidità davanti alla scelta se togliere o consentire la vita a un individuo, perchè “tanto non subirò conseguenze”. Non possiamo diventare arbitri e giudici della vita altrui a prescindere se la pena davanti all’omicidio di un qualsiasi individuo debole o forte che sia sia nulla o al peggio come in alcuni stati del mondo la pena di morte.
Siamo degli essere umani pensanti e civili, educati secondo una condotta morale e questa deve essere la guida, il faro, l’elemento che davanti alla vita altrui non ci deve lasciare alcun dubbio.
La vita si rispetta e basta senza calcoli di legge.
Si può essere arrabbiati, frustrati, sadici, possessivi, gelosi, non accettare le scelte altrui, ma di fronte alla vita si deve mantenere quella lucidità sufficiente a non farci scadere nel diventare animali selvatici, per quanto nella giungla, le belve ammazzano per sfamarsi e dare nutrimento ai propri piccoli mai per soddisfare un desiderio di dominio e di prevaricazione fine a sè stesso.
La famiglia ci educa al rispetto della vita propria e altrui fin da bambini, concetto rafforzato dalle istituzioni scolastiche, sportive, per chi è credente, da quelle religiose, dalle istituzioni statali.
L’anno di leva militare formava i ragazzi in un certo modo, con una certa disciplina, e visti i comportamenti tenuti dai giovani oggi non era proprio sprecato come si pensava all’epoca quel periodo di marce forzate, di letti fatti con i cubi, di levate all’alba, di punizioni se non si rispettava il regolamento militare.
Anche le famiglie avevano un certo schema educativo all’epoca ed erano allineate e rispettose del giudizio scolastico: non vi era la contestazione permanente nella decisione dell’insegnante, anzi, se si tornava a casa con una nota o con un brutto voto, si ricevevano i rimproveri, a volte qualcosa in piu’ dai genitori. Oggi sembra che i bambini e i ragazzi non possano essere richiamati al rispetto della disciplina e delle regole di comunita’ da parte degli insegnanti che vengono contestati, nel peggiore dei casi insultati, denunciati, fatti oggetto di violenza fisica da parte dei genitori.
Sembra quasi che famiglia e scuola competano nel metodo educativo dei ragazzi ed entrino in contrasto continuamente ai primi disallinemanenti nel giudizio complessivo.
La famiglia ha abbandonato quel metodo educativo fatto di monitoraggio e supervisione costanti sui figli, distratti come sono dagli impegni lavorativi. Una volta la moglie/mamma manteneva il controllo della quotidinianità famigliare perchè stando di più a casa, poteva seguire meglio il percorso educativo dei figli nelle attività di tutti i giorni, dai compiti scolastici, alle uscite di questi, al rispetto del comportamento, delle regole e dei tempi. Oggi con il mutato assetto famigliare, le aumentate esigenze economiche di una famgilia e le diverse e sacrosante esigenze della donna rispetto a una volta di avere una sua realizzazione nel campo lavorativo, la famiglia, intesa come madre e padre, ha perso il controllo della crescita dei figli. Le donne come gli uomini escono al mattino e tornano al pomeriggio tardi per seguire gli impegni lavorativi. Questo fa si che si deleghi l’educazione dei bambini al dopo scuola, alle baby sitter, alle domestiche, alle società sportive per quelle poche ore di sport da far praticare ai figli e non si tiene più sotto controllo lo sviluppo educativo giorno per giorni dei bambini, adolescenti, ragazzi.
Lo smartphone completa il resto delle ore post scuola senza anche lì un controllo di qualità di quello che i ragazzi seguono, ascoltano e vedono sui social network e quando la sera i genitori tornano a casa sono troppo stanchi per ascoltare i figli e intercettare, tra le pieghe dei discorsi o anche semplicemente dagli atteggiamenti, le ansie, paure, insicurezze e dubbi dei loro ragazzi.
Ci si siede a tavola e si mangia velocemente un boccone prima di andarsi a coricare per iniziare la giornata successiva e semplicemente aver pianificato la presa in carico di questa o quella persona per spostare i figli da casa a scuola, alla palestra e il ritorno a casa. Logistica famigliare.
I genitori sembrano sempre giustificare i figli, e così il regalo dell’ultimo modello di smartphone fa tacere la coscienza dei genitori che grida che il tempo trascorso con i figli è troppo poco e che dovrebbero lasciare da parte qualche ora di straordinario per dedicare spazio all’ascolto dei figli. Per la stessa ragione a scuola non si affidano compiti a casa agli studenti, in una parola non si responsabilizzano ai piccoli compiti della vita che li fanno crescere in indipendenza e autonomia personali e che sono la sostanza unica, il collante nel rendere adulti i piccoli uomini e donne. Non si dice mai di no ai figli perchè è faticoso dover gestire la crisi che ne scaturisce e dover giustificare il perchè di quel no.
I giovani vivono questa assenza di dialogo e di lontananza dai genitori cosi’ come l’assenza di risposte ai loro dubbi e ansie con inconscio dolore e trovano rimedio a volte nel modo piu’ sbagliato. L’abuso di alcol e droga è dilagante tra i giovani, molti di loro ricorrono alla violenza verbale, psicologica e fisica, a volte con episodi di bullismo e cyber bullismo nei confronti dei più deboli per gioco ma forse proprio per gridare ai grandi di ascoltarli, di seguirli.
E non sempre questi episodi e tendenze si sviluppano in ambienti degradati da un punto di vista sociale ma anche nei contesti “per bene” dove ragazzi lasciati da soli a crescere si lasciano andare a condotte non esemplari, forse come estremo grido d’aiuto in una societa’ che li dimentica.
Il branco diventa il luogo dove ci si sente protetti, ascoltati perchè a casa genitori troppo impegnati, stressati e presi da mille impegni non hanno il tempo di sedersi e parlare ai figli dei loro desideri, sogni ma anche ansie, insicurezze e paure.
In una società in cui il disagio psichico sta aumentando per via della forte competizione in tutti i campi legata a una sollecitazione mediatica, con l’uso distorto dei social network che evidenziano talenti e competenze errate, che siano “semplicemente” le doti fisiche di ragazzi e ragazze o le estreme ricchezze materiali, chi per insicurezza caratteriale si sente indietro, inferiore e quindi più sfortunato di non possedere apparentemente dei “doni” naturali o ricevuti, tende a chiudersi nel proprio mondo e a non cercare il contatto con l’altro per la paura del confronto e della sconfitta.
Non tutti si parte con dei talenti innati ma si può migliorare e vivere molto bene non arrivando all’estremo limite del successo in un campo specifico.
Ecco che le parole corrette da parte di uno psicologo potrebbero innescare gli stimoli giusti per accettarsi e capire che si può sviluppare la propria esitenza, imparando, crescendo, migliorando dal punto dal quale si inizia.
Questo ruolo una volta era assunto dalla famiglia, madre, padre, nonni, zii che vivevano in un comunità di vicinato che manteneva forte il legame e la supervisione dei piccoli, poi arrivava la scuola, la chiesa, lo sport, lo scoutismo e l’associazionismo e a diciott’anni il servizio di leva o civile obbligatorio. Oggi tutto questo castello e impalcatura di monitoraggio e controllo dell’educazione del bambino/ragazzo è tutto o in parte venuto a mancare per diverse ragioni e allora si deve ricostituire in maniera simile o diversa con delle figure ad hoc che mantengano il controllo della situazione e in caso lanciare degli alert prima che diventi troppo tardi.
Chi può dunque lanciare un grido d’allarme se i ragazzi stanno deviando verso condotte potenzialmente pericolose?
Nel mio precedente articolo proponevo uno psicologo di famiglia che affianchi il medico di famiglia nella cura del benessere psico fisico della persona, adulto, bambino o ragazzo che sia.
In un’epoca di tagli alla sanità pubblica vedo questo elemento difficile da attuarsi però alla luce dei fatti di violenza di gruppo dei giovani sui più deboli, dei fenomeni di cyber bullismo, di violenza sulle donne, di razzismo nei confronti delle diversita’ di razza, religione e orientamento sessuale, per invertire la tendenza si deve usare una soluzione che sia educare prima e non correggere dopo l’evento. È vero in Italia siamo molto bravi a effettuare piani di recupero quando la situazione precipita o volge al peggio ma in questo caso non possiamo piangere tante altre donne e indifesi vittime di violenza, ma iniziare subito a lavorare sulle teste dei nostri giovanissimi e meno giovani perchè da grandi non diventino dei carnefici di chi non ha detto loro sì.
Buona lettura,
Nota a margine del testo:
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Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.