Sicurezza: le varie declinazioni del termine
“I dirigenti pubblici e privati non sono capaci di pianificare, sono però eccellenti nel fare ottimi piani di recupero” (…)
Sentiamo sempre più spesso utilizzare il termine “sicurezza” nelle sue molteplici declinazioni: sicurezza sul lavoro, sicurezza sulle strade, sicurezza nelle nostre città da micro e macro criminalità, sicurezza informatica, sicurezza in quello che mangiamo, beviamo e respiriamo.
Il termine viene sbattuto in prima pagina sui quotidiani o sui notiziari in televisione ogni qualvolta succede qualche evento tragico: vengono scomodati esperti, si organizzano puntate e approfondimenti speciali dove si dibatte, si ipotizza, si postula e si ricorda o insiste sulla prevenzione e sulla formazione degli addetti.
Dopo che l’eco degli eventi si è smorzata, tutto torna come prima.
È di pochi giorni fa la tragedia presso la centrale idroelettrica a Suviana che ha fatto diverse vittime.
Prima di questa in termini meramente cronologici il crollo del centro commerciale in costruzione a Firenze aveva lasciato senza vita sotto le macerie diversi operai.
Non possiamo sempre sperare nella buona sorte salvo poi all’ennesimo evento stare lì a recriminare sui costanti tagli sugli investimenti in sicurezza, sull’assenza di formazione dei lavoratori, sulle quasi inesistenti campagne di sensibilizzazione, sullo stress messo sui lavoratori per raggiungere gli obiettivi a discapito spesso del rispetto delle pratiche minime di sicurezza per accorciare i tempi di realizzazione di un lavoro o semplicemente la scarsa sensibilità di chi dovrebbe decidere o controllare sul rispetto delle regole.
In fondo cosa c’è di più importante se non salvaguardare il cittadino, lavoratore o non, da quelli che sono i rischi potenziali che possono arrivare da qualsiasi pratica della vita quotidiana, che sia sul posto di lavoro, sulla strada, quando si esce per recarsi a lavoro o per le commissioni quotidiane, oppure quando semplicemente si è in casa o fuori e non ci si deve preoccupare per i più disparati motivi, dal guidatore ubriaco o drogato, al ladro, al ponteggio non installato a regola d’arte, all’incuria delle strade non manutenute a dovere dalle amministrazioni locali, ai mancati controlli sugli alimenti e sulle acque che mettono a rischio la salute di grandi e piccoli.
La sicurezza è una parola nevralgica nelle nostre esistenze e deve essere sempre tenuta al massimo livello di attenzione e di attuazione e non si può pensare di metterla nel dimenticatoio fino al successivo evento luttuoso, che smuove le coscienze per qualche giorno per poi dimenticarsene di nuovo.
La tecnologia in futuro ci aiuterà, speriamo anche prima perchè i controlli verranno sempre più affidati alle macchine e tolte all’uomo che non riesce a dare quell’affidabilità che un ‘intelligenza artificiale” può garantire con un livello elevatissimo perchè non si stanca, non ha emozioni, non ha cali di concentrazione, non risponde a logiche di “utile a tutti i costi”.
Immaginiamo se il ponte Morandi a Genova avesse avuto installata un’intelligenza artificiale predittiva che monitorando con sensori la stabilità del ponte avesse avvertito dell’imminente pericolo e avesse fatto scattare delle barriere che bloccavano il transito veicolare sul ponte.
Qualcuno mi dirà che c’erano state mail e comunicazioni da parte dei tecnici ai dirigenti responsabili che avvertivano dello stato di pericolo della struttura ma ancora una volta abbiamo delegato una decisione nevralgica che rigurda la vita di persone, il bene più prezioso, a un uomo che ha lasciato passare come se niente fosse l’avvertimento e continuato la sua vita, il suo lavoro come se niente fosse, perchè ha preferito probabilmente scegliere la logica utilitaristica del profitto, del guadagno a quella della salvaguardia di vite umane.
“Quanti soldi si dovrebbero spendere per rimettere in sicurezza una struttura del genere e soprattutto quanti ne andrebbero bruciati se chiudendo l’autostrada i mezzi non fossero più autorizzati a entrare in autostrada e quindi non pagare i pedaggi?” – questo il pensiero del dirigente dedicato a effettuare la scelta se ascoltare il warning del tecnico o lasciarlo inascoltato.
Soldi o vite umane sacrificati?
Che dilemma.
E se nella centrale idroelettrica sempre un’intelligenza artificiale avesse intercettato l’imminente pericolo e fatto scattare un piano immediato di evacuazione?
Non c’è bisogno di bloccare tutto nelle immediatezze del verificarsi di un pericolo, l’algoritmo potrebbe essere progettato per far scattare misure contenitive e/o di evacuazione molto prima del verificarsi degli eventi catastrofici.
Basta progettarlo bene avendo ben chiari gli obiettivi.
Con queste tecnologie potremmo prevedere anche eventi meteo estremi come alluvioni, incendi, maremoti e far scattare azioni di salvataggio, recupero mirate e puntuali senza arrivare a ingenti perdite di vite umane.
È una sconfitta per il genere umano, il non essere riuscito a porre nel giusto livello di priorità il più caro e prezioso dei beni, la tutela e la salvaguardia dell’essere umano?
Probabilmente si, avendo preferito il profitto a tutti i costi.
Ignoranza, incapacità, mancanza di competenze, superficialità, cinismo sono alla base di questa logica che ha trascurato la sicurezza e che forse presto verranno eliminati grazie all’introduzione di un’intelligenza superiore che sceglierà come postula la regola di Asimov nel tutelare sempre l’essere eumano e mai andare a prendere decisioni e intraprendere azioni che possano nuocere all’uomo.
Nota a margine del testo:
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Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.