
Chi detiene il potere dell’informazione?
“Quando si tratta di controllare gli esseri umani non c’è miglior strumento della menzogna. Perché, vedete, gli esseri umani vivono di credenze. E le credenze possono essere manipolate. Il potere di manipolare le credenze è l’unica cosa che conta”. (M. Ende, 1929, 1995).
“Nel 1983 il 90% di ciò che gli Americani guardavano ascoltavano e così via era controllato da cinquanta società. Nel 2012 erano scese a sei. Ma anche il numero sei è un pò fuorviante, dal momento che queste società hanno una serie infinita di collegamenti incrociati e dunque di fatto son anche meno di sei. Entrano in gioco svariate operazioni di proprietà congiunta e accordi di cooperazione, così che i diversi enti e prodotti culturali o mediatici sono di fatto controllati da pochissimi soggetti” (vedi Bibliografia)
E in Italia?
La TV pubblica è controllata in maniera velata e latente per la scelta dei palinsesti dai partiti politici, a seconda di chi sia al governo e all’opposizione, con una certa ridistribuzione dei tre canali nazionali; le reti private sono sotto il controllo di imprenditori delle comunicazioni di cui uno dei principali se non il principale, nel ventennio 1994-2014 è stato leader del primo partito di centro destra e più volte presidente del consiglio, con un problema enorme e mai risolto di “integrity” (conflitto d’interessi).
Un “terzo polo” è sorto a mangiare una piccolissima fetta degli ascolti dei due giganti, pubblico e privato, con un palinsesto interessante e con firme del giornalismo italiano illustri e importanti e con una qualche forma di autonomia nelle scelte editoriali.
La carta stampata è sotto il controllo di grandi gruppi imprenditoriali, per lo piu’ cordate e fondi.
Con l’avvento del digitale terrestre, l’offerta di canali “in chiaro” è notevolmente aumentata, con diversi canali di approfondimento.
I canali a pagamento con programmazione più ineressante sono “fuori misura” e non alla portata di gande parte degli Italiani e quindi con poca visibilità.
Sembra che però i canali di comunicazione e mediatici tradizionali stiano subendo un durissimo colpo in termini di ascolti e di copie vendute, da parte del gigante internet, che ha una capacità di generare contenuti, dei più variegati e con un accesso più rapido e nei modi e nei tempi all’utente finale più congeniale e in maniera solo apparente “gratuita”.
Il costo di questa gratuità risiede nell’utilizzo da parte delle grandi aziende hi-tech, dei nostri dati, con i quali veicolano e influenzano mercati e vendite dei prodotti, inviando pubblicità mirata, grazie ai loro potenti algoritmi di calcolo e valutazione.
C’è chi sta tentando di proporre una redistribuzione degli utili di queste grandi aziende tecnologiche, che si arricchiscono alle spalle degli ignari utilizzatori della rete a cui “succhiano” la linfa vitale dei dati personali, interessi, orientamento all’acquisto e quant’altro, che costituisce il nuovo oro nero, per poter veicolare campagne pubblicitarie con una precisione millimetrica, senza quasi mai sbagliare il target.
Chi ci controlla dunque e soprattutto le aziende dietro i grandi social network e con esse le aziende produttrici di servizi e prodotti, saranno disponibili a condividere gli utili con gli ignari utenti che genera il “mercato dei dati”?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Bibliografia e sitografia dell’articolo
- Chomsky, M. Waterstone, “Le conseguenze del capitalismo”, Ponte alle grazie, 2022, pp. 40-45

Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.