Si vince e si perde tutti insieme?
“Se la vittoria assicura a tutti l’agiatezza, e la disfatta li ricaccia nella miseria, tutti saranno valorosi. Ecco il segreto di cui si avvalsero i nostri progenitori per soggiogare il mondo” (C. Pisacane in “La rivoluzione”, 1858)
“Lavorare in azienda è come giocare in una squadra!”.
Ho spesso sentito fare questo paragone prima di iniziare a lavorare ma anche durante la mia attività lavorativa e mi sono sempre immedesimato con entusiasmo in questo parallelismo tra mondo del lavoro e sport.
Ho giocato vent’anni a basket a livello agonistico passando attraverso tutte le categorie junior e quelle senior fino alla serie C. Poi ho smesso di praticare la pallacanestro quando ho iniziato a lavorare e non era per me più conciliabile allenarmi durante la settimana e giocare le partite di campionato al sabato o alla domenica.
Poco male pensavo, lavorare in azienda è come entrare in una squadra, non mi mancherà quindi la competizione, il condividere vittorie e sconfitte, prepararsi per le sfide importanti, confrontarsi con i migliori, seguire gli schemi e le strategie dettate dall’allenatore e tanto altro di quel mondo magnifico che è la pratica dello sport in un contesto di gruppo.
Lavoro da vent’anni quindi posso paragonare vent’anni di militanza sportiva in società sportive con l’attività lavorativa all’interno delle aziende dove ho operato a vario titolo.
Sono due periodi abbastanza lunghi per potermi permettere un giudizio su questo slogan tanto decantato dal marketing aziendale.
Partiamo dal presupposto che non tutte le esperienze così come tutte le realtà lavorative con cui si entra in contatto sono uguali e quindi i giudizi potrebbero variare a seconda di chi (persone) e cosa (strutture organizzative) si sono incontrati sul proprio percorso.
L’approccio che una persona deve avere, entrando in un ufficio, in un reparto di lavoro deve essere certamente improntato alla collaborazione, allo spirito di adattamento, all’ascolto, al mettersi a disposizione del gruppo, al sapersi adattare alle diverse situazioni, al seguire le indicazioni dei superiori, al dare il proprio contributo in maniera autonoma quando richiesto.
Questo è molto simile al giocare in una squadra, qualsiasi sport vi sia capitato di praticare.
Mettiamo però il caso che alla fine della stagione sportiva, la squadra sportiva in cui si milita riesca a vincere il campionato o al contrario retroceda nella categoria inferiore.
In questi due casi diametralmente opposti, chi vince e chi perde?
Tutti insieme, dal primo all’ultimo giocatore, incluso allenatore e dirigenti.
Risposta esatta.
Questo vuol dire che se lavorare in un azienda è come militare in una squadra, tutti i componenti di una squadra vincono e perdono senza distinzioni di categoria, livelli e quant’altro. Qualcuno certamente obietterà che il premio nella vittoria in una squadra è proporzionale al numero di partite giocate, al numero di realizzazioni individuali e così via. Esatto! Ma poniamo per un momento che il risultato conseguito sia uguale per tutti.
Vi è mai capitato di andare dal vostro responsabile a chiedere il riconoscimento che vi aspettavate al raggiungimento di un obiettivo aziendale e sentirvi rispondere:”Quest’anno purtroppo non c’è budget per il tuo premio ma continua a lavorare sodo e vedremo di allocarlo per il prossimo anno”.
E se il prossimo anno per qualche ragione non si ottenessero i risultati attesi?
Ma facciamo un piccolo passo indietro, esattamente di un anno rispetto alla richiesta al proprio capo del riconoscimento di un premio al raggiugimento dei risultati.
Com’è possibile che non si sia allocato un budget all’inizio dell’anno, per l’intero gruppo di lavoro se la massima nello sport che prende in prestito il mondo del lavoro è “Si vince e si perde tutti insieme”?
Vuol dire che chi deve stabilire il budget da allocare per i riconoscimenti/bonus/premi, non ha tenuto in conto di questa regola tanto sbandierata?
Facciamo invece conto, al contrario, che un’azienda abbia seri problemi di redditività e sia costretta a tagliare risorse per non chiudere.
In questo caso la massima “Si vince e si perde tutti insieme” significa che tutti fanno sacrifici per fare in modo che tutti possano continuare a rimanere, con condizioni al contorno riviste, nel gruppo, nell’ufficio e in tutta l’azienda .
Le cronache ci parlano spesso di tagli a un certo numero di dipendenti per salvaguardarne altri. In questo caso, sebbene sia una soluzione comprensibile, certamente dolorosa, per non far rischiare in toto la chiusura dell’azienda, mi sembra di poter affermare nuovamente che la massima da cui prende il titolo questo mio articolo non sia rispettata.
Nel mondo del lavoro, in un gruppo/team/ufficio/reparto/area o squadra solo alcuni vincono, in altre occasioni altri perdono.
Ma quale è allora il criterio che seleziona chi vince (e chi perde) e chi no?
C’è qualcuno in un team di lavoro che merita più di altri un riconscimento ai suoi sforzi?
Abitualmente perchè è il dirigente che consegue i bonus e i premi di risultato?
La risposta che alcuni (dirigenti) forniranno è che il contratto del dirigente è diverso da quello dell’impiegato e il primo rischia di essere licenziato al mancato conseguimento dei risultati, mentre il secondo no.
Ma allora perchè nel caso contrario di smancati risultati, non è sempre lo stesso soggetto o gruppo di persone a pagare per il mancato raggiungimento degli obiettivi?
Conclusione.
Diciamo che l’approccio giusto di chi entra nel mondo lavorativo deve essere quello di un componente di una squadra o gruppo sportivo, improntato alla collaborazione, al contrario l’azienda o realtà lavorativa in genere non si comporta sempre come una società sportiva, perchè spesso decade la massima citata nel titolo di questo articolo L’azienda più propriamente il board dei direttori, il consiglio di amministrazione di una società si arrogano il diritto di stabilire per i propri membri dei bonus, dei premi di risultato e lasciare fuori da questi, i dipendenti che hanno partecipato con il loro lavoro al raggiungimento dei risultati.
In Germania, rappresentanze dei lavoratori per legge partecipano ai consigli di amministrazione e portano gli interessi per i soggetti che rappresentano sui tavoli che contano e strappano premi, bonus, aumenti, elargizioni anche per i livelli medio/bassi.
In questo contesto quale è il comportamento del leader di un gruppo nell’ambiente lavorativo, colui che dovrebbe essere paragonabile nella metafora lavoro/sport a quella dell’allenatore di una squadra?
Approfondirò in un altro articolo la figura del manager.
Buona lettura,
Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.