Spazi di coworking per il lavoro agile
“Lavora duramente e guadagnerai promozioni. Lavora con il cervello e otterrai risultati. Lavora sodo e in modo intelligente e guadagnerai salute e soldi. Il lavoro a distanza è il futuro del lavoro” (Cali Williams Yost, …-…).
La pandemia ha solo accelerato una rivoluzione che era già in atto da qualche anno ma si muoveva molto lentamente e in maniera silente e che mirava a cambiare il modo di intendere il lavoro. Alcuni tra i manager e le aziende più illuminati hanno cominciato a introdurre una forma di lavoro per obiettivi che sostituiva la ormai desueta tipologia del lavoro “a tempo”, impiegati seduti per le otto ore canoniche sulle sedie in attesa di timbrare l’uscita dall’ufficio per ripetere l’operazione tante volte quante separavano il dipendente dalla tanto agognata pensione.
Il contenuto del lavoro del dipendente era quasi superfluo, l’importante era far sedere il dipendente su una sedia e far trascorrere le ore da contratto prima di farlo alzare e timbrare il cartellino.
Improvvisamente si è cominciato a ragionare se il lavoro per obiettivi non fosse più proficuo per l’azienda a ogni livello, non solo per i quadri e dirigenti ma anche per i livelli medi e bassi e questo dall’altro lato motivasse il dipendente, trovando uno scopo, un motivo che riempisse quello spazio tra le due timbrature con impegni, compiti specifici, ricerca delle soluzioni più adeguate, di traguardi da raggiungere e raggiunti.
È iniziata l’era del lavoro agile anche detto smart working.
Quando alcune aziende hanno iniziato a introdurre questo tipo di forma di lavoro, hanno cominciato anche a intuire che non era più necessaria una presenza fisica in ufficio della risorsa, perchè questo poteva svolgere la sua attività in qualsiasi luogo,il focus si spostava sul raggiugimento dell’obiettivo, stabilito con il responsabile a inizio anno e non sul controllo fisico del dipendente se rimaneva seduto davanti allo schermo del PC, a fare cosa non si sapeva benissimo, ma l’importante che fissasse lo schermo, senza distogliere lo sguardo.
Con il covid questa forma di lavoro è divenuta necessità assoluta perchè per evitare il contagio e per mantenere l’efficienza e la produttività delle aziende a valori accettabili, i dipendenti “remotizzabili” sono stati dotati di PC e telefono cellulare e sono stati messi in condizione di lavorare da casa.
Con la fine della pandemia molte aziende hanno compreso, visti i numeri della performance aziendale nel periodo pandemico, che era addirittura aumentata l’efficienza rispetto alla modalità di lavoro tradizionale, “in ufficio”.
In fondo come dice il mio responsabile, “si ha bisogno della testa di una risorsa e non del suo corpo seduto su una sedia”.
Ovviamente alcune realtà aziendali pachidermiche e burocratizzate e mega manager pubblici e privati retrogradi, con l’ansia del controllo del proprio orticello, hanno fatto un pò di ostruzione al dilagare della modalità “agile”, ma ormai il dado era tratto e la rivoluzione come un fiume in piena era dilagata e non sembra si potrà più tornare indietro, tanto ha mostrato frutti duraturi e maturi.
Alcuni elementi che favoriscono questa nuova tipologia di lavoro sono certamente il risparmio in termini economici per le aziende che guadagnano sui minori consumi di elettricità, acqua, gas, sugli spazi di lavoro meno ampi, sugli affitti di locali più piccoli, sul minor numero di ore di straordinario (dirtto alla disconnessione), sulle ore di trasferta, sulle ore non lavorate per ritardi negli spostamenti dei dipendenti; sui permessi per accompagnare i fgli al nido, a una visita medica o a scuola; d’altro canto i lavoratori remotizzabili, risparmiano sui costi del viaggio, su ore perse negli spostamenti, sullo stress per lo spostamento in auto bloccati in mezzo al traffico, sul dover pagare una baby sitter che accompagni i figli a scuola e non solo lì.
Il vantaggio è reciproco e si ha un indubbio miglioramento in termini di work life balance per il lavoratore il quale è più sereno nell’approcciarsi alle ore di lavoro e a performare molto meglio nel momento in cui si è chiamati a svolgere la propria mansione, conoscendone perimetri e limiti.
In questa condizione ci si è resi conto che servono nelle città degli spazi dove i lavoratori non potendo lavorare in casa per diverse ragioni (figli piccoli, spazi non adeguati, connessioni internet non veloci, strumenti di lavoro non disponibili quali stampanti, video proiettori, sale riunioni), hanno bisogno di spazi di coworking, dove poter avere una postazione di lavoro adeguata, sedie e tavoli ergonomici, illuminazione adeguata, condividere una connessione internet veloce e stabile, stampanti, sale riunioni e tutto ciò che un ufficio deve poter essere presente.
A Milano, come a Roma, Torino e Bologna e tantissime altre città piccole e grandi sono iniziate a sorgere da anni strutture del genere in ogni punto periferico e più centrale. Alcuni hotel hanno messo a disposizione alcune stanze nell’orario di lavoro per permettere a lavoratori di potersi concentrare meglio, di avere a disposizione una camera dove poter fare una doccia e all’occorrenza un riposino dopo la pausa pranzo. L’aree di coworking oltre a dedicare spazi a lavoratori, posso vedere anche lo svolgimento di altri tipi di iniziative come eventi culturali, seminari, congressi, lezioni collettive di inglese, musica e matematica, con professionisti e insegnanti a disposizione di chi ne ha bisogno per l’apprendimento continuo.
Grandi e piccoli centri potranno accogliere le mutate esigenze dei lavoratori, tanti impiegati, che si spostano frequentemente per raggiungere il posto di lavoro verso le aree del business, potranno restare nei loro luoghi di residenza o di domicilio, sfruttare al meglio le possibilità del lavoro da remoto e usufruire di spazi tutti nuovi e allo stesso tempo trovare la giusta concentrazione e utilities e tool adeguati per svolgere il proprio lavoro.
Un ulteriore opportunità di espandere il network potrebbe essere quella per i libero professionisti che incontrando tante professionialità diverse in questi spazi condivisi possono far circolare idee, ampliare conoscenze e con questo possibilità di nuovi business anche in direzioni inaspettate.
Buona lettura,
Nota a margine del testo:
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Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.