Speriamo che piova
“La pioggia è vita; la pioggia è la discesa del cielo sulla terra; senza la pioggia, non ci potrebbe essere vita” (John Updike, 1932-2009)
Come nei secoli passati e nei millenni passati, quando le tribù radunate attorno al fuoco, ascoltavano in religioso silenzio il santone o il sacerdote di turno e offrivano doni e sacrifici ed elevavano preghiere al cielo per ingraziarsi le divinità o intonavano canti o si lanciavano in danze sfrenate per propiziare le piogge che si auguravano cadessero copiose per salvare i raccolti dalla siccità, anche oggi nel XXI secolo, i sindaci dei comuni della pianura padana invocano la pioggia che alleggerisca la morsa di inquinamento che grava sulle città dell’area geografica più inquinata d’Europa. Addirittura Milano è nelle classificate stilate dagli istituti che monitorano la qualità dell’aria, la terza al mondo tra le città più inquinate.
E la tecnologia non ci aiuta a risolvere questo problema della modernità?
I gas serra, le emissioni di CO2, le polveri sottili sono generate dall’uomo come conseguenza della richiesta senza freni di energia per far muovere il mondo, dai trasporti di persone e di merci, dallo sfruttamento della terra e dagli allevamenti intensivi con l’unico fine di un benessere senza limiti in barba al rispetto della natura, che stiamo devastando in maniera irreparabile.
Con l’Accordo di Parigi è stata raggiunta un’intesa su limitare l’aumento delle temperature globali entro gli 1,5°C Celsius. Con questo accordo è stato stabilito che le emissioni nette di gas serra dovrebbero essere ridotte del 43% entro il 2030 rispetto alle emissioni prodotte nel 2010.
Tutto questo sta generando come conseguenza di questa corsa sfrenata verso il benessere estremo, il riscaldamento del nostro pianeta, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari e precipitazioni atmosferiche limitate nel tempo e al contempo con una violenza inaudita che causano distruzione e molto spesso morti.
Gli Egizi, gli Indiani d’America e altri popoli del passato, comprendiamo come, non essendo dotati di strumenti atti a scongiurare il rischio di siccità e quindi potenziali carestie rivolgessero preghiere al cielo, come unica speranza.
Ma oggi come facciamo ancora a dover sperare che cada la pioggia per pulire l’aria dalle temibili polveri sottili che infestano come una cappa mortale i nostri cieli e che respiriamo avvelenandoci i polmoni?
I primi cittadini delle nostre città in pianura padana temono più la perdita di consenso e quindi di voti, da parte di alcune lobby, primi tra tutti gli industriali, i commercianti, gli agricoltori, gli allevatori, i tassisti e i trasportatori, piuttosto che emettere provvedimenti coraggiosi a beneficio di tutti i cittadini soprattutto dei più indifesi, bambini, anziani e soggetti con patologie respiratorie.
Addiritura in tempi non sospetti, quando l’Europa ci chiedeva di chiudere progressivamente la circolazione nelle città alle auto EURO 3, 4 e 5, i nostri politici locali e dei governi centrali se ne uscivano con deroghe, in barba ai suggerimenti di tutti i tecnici e medici che parlavano di pericolosità per la salute collettiva, dovuta alle emissioni di certi mezzi vecchi come concezione tecnologica, permettendo la marcia libera nei nostri centri urbani a veicoli EURO 0 e 1!
È vero che come mostrano diversi articoli scientifici, il problema della circolazione veicolare nelle città non è nulla in termini di emissioni in ambiente di sostanze nocive se confrontato con i valori delle emissioni in aria prodotti dall’industria pesante, dal traffico aereo o dal trasporto merci per mare.
Le emissioni di gas serra non sono distribuite in modo uniforme tra i vari settori. I settori che contribuiscono in misura superiore sono:
- energia e riscaldamento a causa soprattutto del consumo elevato di combustibili fossili;
- il settore dei trasporti;
- il manifatturiero e costruzioni;
- l’agricoltura.
Possiamo però per un momento cercare nel nostro piccolo di cittadini e soprattutto di chi ha le leve per emettere provvedimenti a vantaggio della collettività, fare tutto quello che è possibile per allentare la morsa di veleno che ci soffoca e che circola liberamente nelle nostre strade e che si intrufola nelle nostre vie respiratorie e giù fino ai polmoni causando malattie respiratorie, tumori e morti.
Mi vengono in mente solo alcuni di questi provvedimenti che comuni, regioni e governo centrale devono prendere per cercare di diminuire i valori dei veleni emessi in atmosfera: servizi pubblici gratuti nelle città (almeno fino a quando il parco veicolare pubblico e privato non sia adeguato ai valori standard per emissioni in aria), tetto al riscaldamento in edifici pubblici e privati a 19°C, parcheggi scambiatori per le auto private fuori dai centri urbani, bonus edilizi al 100% per tutto il parco immobiliare pubblico e privato italiano, bonus per i pannelli solari su tutte le abitazioni in Italia per il solare termico e il fotovoltaico, potenziamenrto del trasporto merci su rotaia con incentivi per le aziende che utlizzano questo sistema piuttosto che quello su gomma, smart working a tutti i lavoratori remotizzabili, favorire con incentivi, eliminando anche l’IVA sulle merci, l’acquisto di prodotti (alimentari e non solo) locali, a chilometri zero e non provenienti dall’altra parte del mondo, potenziare la raccolta differenziata fornendo a chi ricicla plastica, carta, vetro e tutto quanto quello che può essere riciclato dei buoni spesa da spendere ovunque, sostituzione della plastica con materiali con stesse caratteristiche ma biodegradabili in ambiente, chiusura automatica delle porte dei negozi per non espellere il calore in ambiente, immissione di mezzi a emissioni zero per tutti i mezzi pubblici.
Usare l’elettricità con intelligenza, adottando alcune abitudini che con il tempo possono fare la differenza, come spegnere le luci in casa, nei negozi quando chiusi e quando non servono, gli apparecchi elettronici in stand-by e sfruttare al massimo la luce naturale e gratuita. Ridurre l’utilizzo di elettrodomestici e acqua corrente: sono ancora in molti coloro che non chiudono il rubinetto mentre ci si lava i denti, trascorrono sotto la doccia più tempo del necessario, non optano per il lavaggio di un carico completo della lavatrice e della lavastoviglie, sprecando con 2 mezzi carichi più acqua ed energia del necessario.
Capisco che per alcune di queste soluzioni ci sia un costo enorme per uno stato e che c’è bisogno di grandi sacrifici ma altre proposte riguardano semplicemente il cambio di mentalità delle persone che si devono sentire parte in causa in questa lotta senza quartiere all’inquinamento. La salute dei nostri figli è molto più importante e non possiamo pensare che ci sarà qualcun altro che risolva questo problema perchè forse fra una o due generazioni potrebbe essere troppo tardi per correre ai ripari.
È vero che il grosso di questo problema è generato proprio da quegli stati che non vogliono ratificare gli accordi globali sul tetto alle emissioni e che le grandi industrie spinte dal dio profitto non hanno alcun interesse a rimodernare gli impianti di produzione rendendoli green.
Intanto non ci resta che sperare nella pioggia.
Vi auguro una buona lettura.
Nota a margine del testo:
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Daniele Rosselli, ingegnere, romano di origine, risiede in Veneto con la sua famiglia da diversi anni. Dipendente di aziende private operanti in diversi settori industriali, opera in ambito tecnico commerciale in contesti internazionali. Come scrittore, nel tempo libero, si occupa di narrativa ma anche di sociale, di economia, di innovazione tecnologica e di politica.